Rancore, l'Istat descrive così il sentimento degli italiani

Rancore, proprio questa precisa parola è stata usata dal Censis in occasione della pubblicazione del 51° Rapporto sulla situazione sociale del Paese. 

"La ripresa c’è e l’industria va, ma cresce l’Italia del rancore", ci dice il centro studi. In sostanza, l’Italia è uscita dal tunnel, l’economia ha ripreso a crescere bene, industria manifatturiera, export e turismo fanno da traino ma gran parte degli italiani tutta questa ripresa non la vedono e - anzi - pensano sia impossibile salire nella scala sociale, semmai molto facile scivolare ancora più in basso. Un blocco della mobilità sociale che crea - appunto - rancore. 

L'Italia dei rancori, si legge nel comunicato del Censis. Arrabbiati, sdegnati, risentiti, ma anche incapaci di esprimere la rabbia, che resta covata nell'animo. Risentimento e nostalgia che poi si riflettono a cascata anche nella domanda politica e "l'onda di sfiducia che ha investito la politica e le istituzioni non perdona nessuno". Scarsa fiducia nei partiti partiti politici, nel Governo, nel Parlamento, ma anche nelle istituzioni locali. Insoddisfazione rispetto a come funziona la democrazia, la convinzione che la voce del cittadino non conti nulla. Di conseguenza, spiega il rapporto, "non sorprende che i gruppi sociali più destrutturati dalla crisi, dalla rivoluzione tecnologica e dai processi della globalizzazione siano anche i più sensibili alle sirene del populismo e del sovranismo". E conclude il Censis, "l'astioso impoverimento del linguaggio rivela non solo il rigetto del ceto dirigente, ma anche la richiesta di attenzione da parte di soggetti che si sentono esclusi dalla dialettica socio-politica".

"Il sentimento più brutto? Il rancore", diceva Maria Teresa di Calcutta.

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